Game, set and match

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Dopo diversi anni di discussioni in merito alla tassazione dei Big Tech, il G7 ha stabilito che 15 è il numero perfetto.
Le società identificate come colossi tecnologici, che fino a giugno 2021, godevano di una zona grigia in merito alla tassazione sono costretti ad accettare l'aliquota globale del 15%.
Queste intese internazionali coinvolgono principalmente tre attori.

Le autorità pubbliche festeggiano. Queste collaborazioni segnano lo spartiacque di una nuova era che potrebbe scaturire in un'intesa di più larghe misure. Come già annunciato da Gentiloni, l'obiettivo diventa estendere tale accordo al G20. Che questo non rappresenti anche una base per iniziare a stabilire un'aliquota fiscale unica all'interno della UE?

I secondi attori sono le società tecnologiche che non commentano. Incassano di buon grado, d'altronde loro vivono anche dell'opinione pubblica e quindi un qualsiasi parere contrario potrebbe sollevare un malcontento popolare tale per cui il fatturato dell'anno successivo potrebbe diventare meno soddisfacente. E a pensarci bene il 15% rappresenta un'equa misura, strozzare troppo sull'aliquota avrebbe potuto avere importanti ripercussioni sui posti di lavoro, anche perché si sa, quando l'azienda deve tagliare, utilizza una visione molto cristiana: “i primi saranno gli ultimi” e quindi il primo a essere tagliato sarà sempre l'impiegato ultimo arrivato.

Ultimo, ma non per importanza, il mercato. Compone lo sfondo con i suoi indici di borsa. Rimane piatto, osserva in maniera silente, facendo passare quasi inosservata la notizia. Non esulta, ma non si deprime neanche. Aspetta di cogliere segnali prima di capire che direzione prendere. La calma prima della tempesta.